Il palcoscenico del Teatro Gobetti, a Torino, è quasi vuoto: c’è una sedia, delle lampadine appese a una struttura sottile e basta. Anche una borraccia verde, uguale uguale a una che ho a casa.
Ascanio Celestini entra, accende una delle lampadine – filo lungo, e inizia a parlare, in quel modo che ha proprio lui e non altri, che lo riconosceresti subito e che all’inizio magari ti devi anche concentrare perché le parole scorrono velocissime e hai paura di perderti qualcosa. Poi entri nel suo ritmo, ti lasci scivolare, ascolti, e sembra quasi di non essere a teatro, di essere tu e lui, infondo a un caffè, ad ascoltare una storia.
Inizia lo spettacolo Radio clandestina – Roma, le fosse Ardeatine, la memoria.

Il 23 marzo 1944 i Gruppi di Azione Patriottica attaccano una colonna tedesca in Via Rasella. Il giorno dopo per rappresaglia i nazisti fucilano 335 persone alle Fosse Ardeatine. I cadaveri si sommano uno sull’altro, sopra viene sparsa della terra e sopra ancora della spazzatura. L’eccidio delle Fosse Ardeatine è uno degli episodi più tragici dell’occupazione nazista; tuttavia, è anche uno degli episodi raccontati con più imprecisioni, confusione e falsità.

La memoria è divisiva – afferma Celestini, e il primo che racconta la storia lascia un’impronta su tutte le narrazioni successive.
Lo spettacolo (che si basa sul libro L’ordine è già stato eseguito di Alessandro Portelli) va quindi a ri-raccontare i punti di vista, spiega le strade, le dinamiche, le conseguenze, cerca di cancellare errori commessi nel riportare i fatti. Cerca di dare ancora respiro a tutti coloro che sono stati schiacciati in mezzo alla Storia. Alla bambina che, diventata donna, torna alle Fosse Ardeatine il giorno del suo matrimonio per salutare il padre.

Ascanio Celestini è un narratore meraviglioso e nel racconto riesce a inserire un’umanità diffusa, riesce a parlare di Roma e delle sue periferie, dei personaggi che le abitano. I frammenti si intrecciano uno all’altro: il nonno che lavorava nel cinema e sapeva leggere – forse sapeva anche parlare tedesco, i deportati, il vecchio partigiano, la signora che continua a chiedere cosa c’è scritto sullo stesso cartello AFFITTASI, la fame, il carretto pieno di tritolo.
Riesce a dare valore a una storia che se non la conosci potrebbe essere detta in un minuto, in un titolo di giornale sbagliato, ma se la conosci – se l’hai sentita dalla bocca di chi ne è stato toccato, potrebbe non bastare una settimana a dirla tutta.

Radio clandestina regala il tempo al dolore. Quello che spesso non vogliamo sentire o vedere, quello della madre, della figlia, della moglie. Ci fa fermare e ci dice che c’è bisogno di ascoltare, di continuare a raccontare, di cercare là – sotto la spazzatura, sotto la terra.

La memoria può essere divisiva e allora abbiamo il dovere di continuare a raccontare, di continuare a parlare e a cercare la verità. E abbiamo il dovere di farlo insieme, da narratori di storie, con io e un tu di fronte al palco o infondo a un caffè.

«Viviamo tempi che spingono a chiudere le porte, a isolarsi e a dimenticare, ed è proprio questa cappa che Ascanio squarcia».
Mario Martone

 

 

uno spettacolo di Ascanio Celestini
a partire da L’ordine è già stato eseguito
di Alessandro Portelli
suono Andrea Pesce

 

Lo spettacolo Radio clandestina va in scena per la prima volta il 31 ottobre 2000 nella cella n.11 dell’ex- carcere nazista di Roma a via Tasso (oggi Museo della Liberazione). Io l’ho visto il 26 gennaio 2022 al Teatro Stabile di Torino.
Il testo dello spettacolo è stato pubblicato da Enaudi e lo trovate cliccando QUI.
Il video completo dello spettacolo lo trovate cliccando QUI.