I piedi di Ulisse toccano la sabbia di Itaca, piedi forti che affondano nel terreno e sembrano subito conquistarlo.
Che bell’uomo che è, con quello sguardo che va sempre oltre l’orizzonte, sempre al centro delle cose. Ed ecco che si dirige verso il suo palazzo. Passo chiaro, netto, schiena dritta.
Guarda le cose con nostalgia, accarezzando la sua spiaggia, il porto, la strada in salita verso casa sua. I ricordi sono dolci e gli appesantiscono le palpebre mentre assapora il suo ritorno.
E’ così immerso nei pensieri da non accorgersi dell’inquietante solitudine dei luoghi che attraversa. Non presta attenzione alla mancanza di pescatori sul molo o di venditori di ostriche lungo la strada.
Lui è tornato. E i suoi pensieri sono tutti verso il palazzo.
Immagina Penelope chiacchierare con un’amica e alzare lo sguardo distratta, si immagina le pupille della donna diventare piccolissime per l’emozione e il suo corpo gettarglisi tra le braccia. Un bacio al tramonto sulla terrazza con tutto il suo mondo sotto, come un applauso. E dalla porta vede spuntare un ragazzo coi suoi stessi occhi e un mezzo sorriso, quasi imbarazzato.
Papà, sussurrerà Telemaco, e sarà come cancellare tutti quegli anni distanti. D’altronde, nel corpo del ragazzo, scorre il suo stesso sangue e sicuramente le gesta dell’uomo sono state raccontate al bambino che sarà cresciuto nel sogno del padre.
Vieni ragazzo, abbracciami.
Sussurra Ulisse ripercorrendo la strada di casa, vuota.
Arrivato di fronte a palazzo, tuttavia, la realtà è così feroce da scalfire la perfezione delle sue riflessioni. La facciata sembra franata su sé stessa, il grande portone è stato devastato e lasciato aperto come un invito a qualunque mendicante della città. Ma nessuno sembra voler entrare né uscire. Adesso, Ulisse, si guarda intorno. Nessuno sulla collina. Nessuno sulla spiaggia. Un silenzio mortale aleggia nell’aria e intorno a lui i campi sono spogli, gli alberi incolti, frutti marci rotolano per terra.
Ulisse si precipita dentro il palazzo: frammenti di tetto, otri rovesciati, mobili rotti.
Le scale sporche e una polvere che sembra consumare le cose e rosicchiare il cuore dell’uomo.
Spalanca la porta della sua camera.
Sa che almeno Penelope dev’essere rimasta, sa che Penelope sarà al suo posto ad aspettarlo come aveva promesso.
Gli sembra quasi di vederla: seduta di fronte a tessere pacificamente. Non è stato forse quel pensiero ad addolcirgli le notti? Anche quelle più pericolose o piene di vino, anche quelle a fianco di altre donne, di streghe o sirene. Sempre aveva tenuto a mente il ricordo della sua amata moglie, e quell’eco l’aveva chiamata fedeltà.
Perché allora la stanza era vuota? Perché non c’erano braccia ad accoglierlo, oli ad ungerli il corpo? Perché Penelope non è nella stanza?
C’è un uomo solo al centro di una grande camera vuota.
Davanti a lui, come in un sogno, una tela lasciata a metà raffigura una donna che balla. Balla senza piedi, perché nessuno ha finito il disegno.
Ulisse non ha più niente e non è più padrone di nessuno.
Essendo uomo di viaggio non si fermerà qui.
Si lascerà cadere sul pavimento per qualche ora e poi si rialzerà, pronto a trovare una soluzione anche alla sua solitudine. Riuscirà a recuperare una flotta di disperati che insieme a lui si dirigeranno verso le colonne d’Ercole.
Morirà avendo negli occhi la fine del mondo.
Dove sia andata Penelope nessuno lo racconta.
Non ci sono poeti per le gesta di una donna che corre sola lontano da casa.
Forse si sta ubriacando in qualche osteria o sta imparando a vendere a caro prezzo la sua arte di tessitrice
oppure
in questo momento
è in cima a una montagna
non per vedere la fine del mondo
ma per scoprire l’inizio del suo.
Che bello
C’è una tristezza E una solitudine inconsolabile,menomale gli occhi di Telemaco ancora trasmettono emozioni. Il palazzo è in declino ma Penelope non può essersi arresa non sarebbe Penelope.forse ha tentennato con un nobile Procio,una rosa appassita le ricorda l’errore ma adesso è alla fonte si deterge perché sebbene il palazzo sta franando, lei aspetterà Ulisse fresca e profumata
Personalmente non credo che un’ipotetica scelta di Penelope di lasciare il palazzo e cercare una strada che sia solo sua e non in attesa di qualcun altro sia da considerare una resa. Il punto è proprio che non è scivolata in un piccolo inciampo ma ha consapevolmente deciso di abbandonare un ruolo che non voleva più. Tessere e scucire la tela giorno per giorno, tenendo con questo gesto il destino del palazzo e del suo regno, o meglio: del regno del marito, potrebbe (in questa mia piccola lettura del mito) non bastarle. Se ha lasciato la sua camera e il conforto che poteva portarle spero sia stato per un impulso di vita e non solo di abbandono.
Col mio temperamento non avverto certo un brivido alla schiena all idea di ricalcare (io o qualunque altra) il solito cliche di toiletteria ottocentesca x attendere il marito di ritorno dalle ultime conquiste e neppure come preludio all incontro con un qualche amante. L afrodisiaco cambia di generazione in generazione anche se x fortuna non credo verra’ mai meno…Centratissima mi pare invece l immagine che salvo propone della “fonte”. Xche sia “che si parta o che si resti” (entrambe alternative da rispettare nella scelta sia di un uomo che di una donna, sara poi a fine percorso la visione globale della tua esistenza a dirti quanto il quadro sia riuscito…prima non e’ facile indovinarlo…)…cio’ che e’ certo e’ che chi parte x un viaggio non finisce certo in cima a una montagna ma si incammina in una selva di dantesca memoria come parsival e tutti coloro che cercavano una vera identita’. La foresta, spazzata via da cacciatori e cacciatrici, ninfe o seguito di odino (essendo poi il mito di Artemide insieme a quello di apollo il tentativo degli indoeuropei una volta calati a sud e conquistati I piu evoluti cretesi, troiani ed altre genti acculturate di ingentilire I propri modi e miti)….e’ simbolicamente luogo delle fonti. Li dopo un lungo e faticoso itinerario di ritrovamento di se stesso/stessa secondo il sentire di tante culture ancestrali d ogni dove, meno cruente di quella rivisitata in europa negli anni ’30….l uomo beve alle sorgenti….mentre la donna si scopre lei stessa sorgente….due aspetti complementari e Indivisibili di un processo misterioso di rinascita interiore. E piu intellettualmente semplice e poco complicata e’ la persona che intraprende tale viaggio piu il processo sara’ facilitato. Zen e Tao docet. In qs sta la chiave x capire tante favole tanti racconti, in cui il sempliciotto o la sempliciotta (in apparenza se lo/la vedi e gli parli non le daresti neanche due cicche) conquista il ramo d oro…E lo stesso sempliciotto/sempliciotta a cui viene affidato l anello del potere (che non gli interessa e non ne sara tentato/a) xche raggiunga la cima del vulcano e glielo getti dentro anche x noi. Oggi siamo immersi in un mondo in cui l unica cosa che conta e’ emergere. Non accettiamo (e non mi tiro fuori da qs morbo collettivo) di essere una identita qualsiasi, tipo il fratello di van Gogh. Ma nel mito o meglio nelle favole, quelle vere e non di Hollywood, tutto si ribalta e cio’ che sembrava piccino ai ns occhi poi si rivela il piu attendibile e prezioso. Solo dopo qs lungo processo interiore, di cui probabilmente io stessa che lo delineo da come tante fonti ce lo tramandano, non vedro mai il termine (chissa quante vite mi ci vorranno, ammesso esistano piu vite) uno/una sara il grado di giungere in cima alla montagna…..dove magari come nel mio caso mi attende lo sguardo.semplice e buono di mio padre o di qualche altra persona di cui non mi ero quasi accorta….
Detestavo da bambina qs figura di Penelope il cui tessere la tela rappresentava ai miei occhi un astuto stratagemma x trattenere l’ uomo il cui spirito x essere libero al pari di quello della donna richiede anche un po’ di liberta’. Ma non mi convince neanche quella qui descritta che dopo anni, anzi millenni di sottomissione a cui non pare essersi prima ribellata, all’ improvviso se ne va lasciando Itaca, il suo uomo e sopratt il figlio da lui avuto al loro destino. Senza manifestare dubbi, senza provare ad aprire un dialogo. Con freddezza. Senza ombra di empatia. Sa piu’ di VENDETTA che di crescita….
Con qs non intendo assolvere l uomo di cui Ulisse e’ archetipo. Sappiamo benissimo quanti uomini (non tutti x fortuna!!!) sono stati autoritari, sleali, prepotenti. Ma se la donna di cui qui Penelope e’ l’ archetipo non tenta almeno un dialogo con chi e’ tornato (segno qs di volonta’ di rimettersi in discussione e rinnovarsi) nulla sara’ mai cambiato nei rapporti. E’ stata complice prima, quando era sottomessa. Resta complice ora quando chiude la porta e se ne va scegliendo un “altrove astratto”, senza meta. Xche’ senza confronto con l alterita’ il risultato oscilla tra egocentrismo e narcisismo. In entrambe i casi. Che si sia uomo o si sia donna. E nessuna rinascita dalle proprie ceneri che non puo’ che avvenire in due sara’ possibile…
Grazie per questo commento (davvero) tuttavia non sono d’accordo con gli assoluti che sembra portare. Innanzi tutto, per quanto anche a me abbia sempre dato fastidio il ruolo di Penelope china sulla tela, non ho mai pensato ad uno stratagemma per legare il marito (nel caso, abbastanza inutile fra l’altro) quanto una lotta all’interno di un ruolo che le era destinato. Infrangere la promessa fatta ad Ulisse e abbandonare il palazzo (non ho scritto che abbia abbandonato anche il figlio, qui lascio la scelta a chi legge) non è per me dettato da un desiderio di vendetta quanto da un impulso a cercare una propria strada.
Non penso che il dialogo con chi ha un ruolo di potere su di noi sia sempre necessario, né che sia un nostro dovere assumere un ruolo pedagogico verso gli uomini sempre e comunque.
Penso anzi, che nel decidere le nostre vite forse possiamo anche fare un po’ a meno dei doveri e cercare le nostre scelte concedendoci un po’ di libertà.
Ulisse non torna, Penelope un giorno si guarda intorno e capisce che quello che vive non la rappresenta. Per questo va via, per sé stessa. Né per Ulisse, né per i proci, né per il regno. Per sé stessa. Nel suo gesto, però, rimane fortissima una carica di ribellione. E’ il gesto stesso a parlare.
Sottrarsi ad un ruolo assegnato è di per sé una forma di disobbedienza.
Questo, per lo meno, nella mia lettura – che non vuole avere la forma né di fiaba pedagogica, né di parabola ma solo aprire una possibilità.
grazie grazie!!
Ulisse che riparte ….Penelope che si stanca di aspettare o sceglie un altro destino . A volte pensi che senza una chiusura , un finale , tutto quello che hai fatto non abbia senso . Sei stanco e magari credi di aver già dato e ti vedi seduto vicino al camino a guardare passare la legna consumarsi . Anche nella musica ci sono note di apertura e di chiusura . Molto bello anche se in contrasto col lieto fine che piace tanto al nostro ego .
Bello il commento di pierangelo!! Mi fa piacere che incomincino ad arrivare idee, anche tra loro diverse sopratt su un tema tanto complesso e delicato . Xche il blog di debora e’ prezioso e sono convinta lo puo’ diventare di piu’ se si crea intorno ad esso uno scambio di pensieri e di sentire. Anch io non credo affatto nelle chiusure a lieto fine. Non mi convincevano da bambina nelle favole che trovavo sdolcinate (e tanto meno ci credo adesso…) …E non potevo crederci dato che la mia favola fam si era subito spaccata….Lo anelito a una riconciliazione (magari anche solo nell amicizia) e’ un qualcosa che tutti I bambini di divisi si portano dentro e la bambina che vive ancora in me forse mentre leggevo e commentavo gridava qs brama (che data l eta’ non e’ dell ego ma di adattamento a un universo che vedi gia’ “franato” e che con le tue piccole forze ti sforzi di ricostruire. Quella fatica di diventare adulti troppo in fretta…). Il mio telemaco era una bambina di 4 anni. Poi ovviam la vita ti aiuta a comprendere le complessita’ degli adulti in cui non e’ che uno sia colpevole e l altro innocente. Siamo solo esseri complessi. Esseri umani con I loro punti forti e punti deboli. Che crescendo hai solo voglia di abbracciare x l insegnamento ed esperienza che il loro complesso e diverso iter di vita ti ha trasmesso. Solo che a 4 anni non lo puoi capire. Gli occhi di telemaco che guardano Ulisse simboleggiano anche qs smarrimento. Che fu il mio smarrimento e di tanti altri figli sia di separati o di coppie fintamente unite che vivono dentro a un dramma degli adulti. Per loro sempre troppo grande. Poi io ringrazio I miei genitori, entrambe, x la capacita’ rara nella loro generazione, di avere a un certo punto saputo costruire tra loro un rapporto di stima e amicizia preziosissimo x la mia crescita pur mantenendo come era giusto che fosse ognuno la sua distinta vita, partners ecc. Segno di una maturita’ interiore raggiunta che tiene conto anche degli altri, I figli. Terzi convitati di pietra di un rapporto difficile comunque esso si concluda. So anche che cio’ non e’ sempre possibile, ad es se c e’ violenza o mille altre basse motivaz e derive comportamentali negli adulti di cui sopra.
Un altro motivo x cui nel mio primo intervento presi cosi tanto posizione a sfavore di penelope era xche la identificavo a torto o ragione col prototipo dell acqua cheta, la madonnina Infilza che prima sta li buona buona e poi…. tutto d un colpo….mia mamma aveva tutt altro impianto e quindi ricalca un altra storia. Era il mio andare contro qs stile diverso da quello ad es di un accettazione empatica reciproca (archetipo di certe ns toste nonne di campagna). La madonnina infilza e’ l archetipo borghese del perbenismo e forse ho espresso una certa diffidenza, anche se il cambiamento e la catarsi e’ sempre possibile x tutti/rutte. Con qs ho sviscerato e quindi esaurito il mio intervento. Che come scrissi e’ piu’ do testmonianza di un vissuto che tanto x scrivere. E ringrazio tutti/tutte non solo debora x qs opportunita’ non di sfogo (non e’ uno sfogo) ma di aprire insieme un dibattito su qs tema e rivivere ognuno le proprie esperienze infantili e poi di relazione…
questa lettura porta lì, tra quelle ceneri e quella desolazione…alla ricerca di Penelope
grazie Elena, tanti cuori!!
Grazie x le risposte che ho letto con attenzione e piacere. Nella vita c e’ sempre da imparare dagli altri a qualsiasi eta’!!!
A dir la verita’ io non ho voluto scrivere qualcosa di assoluto o di dogmatico, pratica che mi e’ sempre stata estranea…ma solo aprire una finestra divergente (diversa interpretazione….I miti sono proprio quella cosa che si puo’ leggere in centomila modi diversi come centomila sono gli aspetti della ns psiche che si sia donna o si sia uomo) con un preciso motivo. Il tuo blog e’ scritto con perizia, interessante ma come tutti I blog rischia di divenire un asolo se qualcuno, anche in modo limitato, parziale, imperfetto, non prova ad aprire un contraddittorio. Non si crea dialettica xche il silenzio, diviene presto un semplice assordante consenso che rischia di appiattire il discorso. Uno/a.si ritrova cosi’ nel poco simpatico ruolo di leader assoluto che come Artemide viaggia col suo corteo di ninfe. Essendo qs ninfe nient altro che proiezioni del ns stesso inconscio e al contempo seguaci le quali in quanto tali si trovano ancora nello stadio dell indefinito, dell inconscio collettivo. Non della differenziazione e della crescita. Io, pur con tutti I miei limiti, ho provato ad operare una rottura che serva come esempio ad altri a risvegliare il senso critico. Il dibattito e’ sempre costruttivo.
X tornare a penelope non penso assolutamente che una donna debba persistere in un ruolo che x mille regioni non riesce a sostenere o che sente non le corrisponde. Ci mancherebbe!! Tra l.altro io sono figlia e nipote di donne che si erano divise x semplice spirito di indipendenza (I loro mariti non erano orchi e con loro hanno intrattenuto rapporti di ottima amicizia e di reciproco rispetto). Anche x qs forse Penelope mi e’ tanto estranea non facendo minimamente parte del mio vissuto. Ma proprio x qs mi e’ facile pensare come positive anche varie alternative, piu’ di dialogo e crescita comune. Di cui appunto anche in fam si dibatteva tra membri.sposati e separati e tutte/tutti trovavamo altrettanto validi e possibili. E’ importante non fissarsi su uno schema in cui le donne sono sempre e solo angeli vittime di soprusi e gli.uomini tutti orchi (anche se ovviam ce ne sono molti) o la crescita che nasce anche dal.dialogo costruttivo (simone e sartre docet) non avverra’ mai. La alternativa che tu offri a Penelope va benissimo. Triste invece immaginare un mondo in cui l.ascesa di lei coincida con l.eclissi di lui. Non siamo venuti al.mondo x competere o x vincere ma x migliorare il ns modo di essere nel mondo che sia donna o si sia uomo. In qs senso io accennavo al dialogo. Non tra il.singolo uomo e donna che se non c e volonta da parte di entrambe o inclimazione fallira’. Ma in generale. In quanto specie. Ho preso Penelope e ulisse ad archetipi della ns specie. E dopo tante lotte femministe che io ho vissuto (anni 70..) penso sia arrivato il tempo di declinare il discorso anche in senso non solo demolitore di un patriarcato che a me pare x fortuna parecchio estinto ma anche in senso costruttivo.
Lottanfo ovviam dove esistono soprusi….
PS: correzione quando parlo delle mie ave volevo dire “I loro mariti non erano orchi tanto che con loro hanno intrattenuto sempre ottimi rapporti di stima e di amicizia reciproca anche dopo la separazione” che non e avvenuta x motivi di violenza o altra colpa da parte dei mariti.
Sono passata volutam dall astratto degli archetipi a casi concreti xche sull astratto e’ facile appiattire tutto in generalizzazioni mentre nel concreto si incontrano mille sfumature. Ci sono moltiss persone che in qs secolo sono progredite e non fanno piu parte di qs polarita patriarca e donna ombra. Certo i.casi negativi sono tanti troppi ma non tutti siamo cresciuti/e in un atmosfera di patriarcato. Il pericolo della generalizzaz (donna angelo e vittima, uomo orco e cattivo) e che tutti gli uomini si sentono messi sul banco degli imputati e si arresta ogni possibile crescita sia individuale che reciproca che collettivo. E mentre la donna si arresta su posizioni tra rabbia e vittimismo l uomo provera in senso di castrazione di cui come donne se non siamo sadiche o masochiste non abbiamo affatto bisogno!!!
Tornando a Ulisse io lo lessi a 12 anni nel 66 compresi subito che come tutti I miti parlava alla mia psiche (che non e’ ne maschile ne femminile ma sempre un insieme di yin e yang). Era solo declinata purtroppo al maschile xche la grecia antica era misogina. Ma malgrado qs limitatezza ho sentito che parlava anche “del mio viaggio” fuori e sopratt dentro alla scoperta di me stessa attraverso il contatto con tutte quelle diverse parti di te stessa/stesso che vieni a conoscere attraverso la molteplicita di incontri con altri esseri umani (maschi e femmine) che incontri lungo il percorso della tua vita. E malgrado la mia eta’ il viaggio e la scoperta e’ ancora in corso.
Come lo e’ quella della tua Penelope che nel tuo intento ha mosso I primi passi e le auguro di avanzare. La divergenza tra noi consiste solo in qs a mio avviso. Troppe rabbia contro una categoria specifica (in qs caso il maschio) riduce il.successo del ns viaggio xche vediamo solo qs rabbia, affoghiamo in uno stato di vittimismo e la nave si incaglia al primo scoglio che incontriamo. Tutto qui. X il resto penso sia ottima la tua idea di recuperare I miti. E sono in attesa di leggere nuovi approfondimenti.
Sono d’accordo con te con il fatto che non esiste assolutamente un’unica lettura – per fortuna! e ti ringrazio sinceramente per la tua!
E’ stato un grande piacere anche x me qs scambio. Io credo sinceramente nella sorellanza come pure nella fratellanza (termine che non indica comunita tra uomini ma tra esseri umani di ogni genere razza credo ambiente e inclinaz e se vogliamo andare oltre a san francesco o certo pensiero nativo o asiatico anche con le altre specie viventi e tutta la natura). E x una crescita della sorellanza sicuramente piu’ punti di vista si portano o si offrono piu’ la crescita sara’ fertile. Mi auguro quindi di leggere nel tuo blog altri commenti di donne e anche uomini. Il ns viaggio e’ in corso e lo attende la vastita’ della via lattea che io chiamo “il manto di Iside (e di Osiride)” dea dalla trasmutazione e della nuova nascita….fenice in grado di risorgere dalle proprie ceneri dopo secoli di lotte di soprusi di devastazioni devute a una lettura ciecamente misogina e polarizzata della realta’ che pervade il ns inconscio e I ns miti. Rinascere e talvolta far rinascere….(non dico necessariamente l.altro come maschio ma chiunque ci stia a cuore…)…Ancora grazie!!@
X stemperare la divergenza su Penelope scritta pero con intento di costruttivo scambio di idee ho aggiunto un commento a uno dei pezzi che piu mi.sono piaciuti e sentito a me affini “la realta e in crisi…” quiete dopo la tempesta..
Che bello! Balla senza piedi…
Da qualche parte ho letto che gli spiriti non hanno piedi dunque ballano senza piedi. Immagine staniante che ci lascia davanti a un mistero…
Comunque il.fatto che fin da bambina provassi una PROFONDA INQUIETUDINE vs la figura di penelope e’ un qualcosa che poi mi sono chiarita col tempo. Penelope e’ la figura piu enigmatica dell odissea. Non rappresenta la moglie. Solo a liv molto superficiale lo e’. Rappresenta IL TEMPO. La CLESSIDRA. Quando il ns tempo e’ esaurito l ETERNA TESSITRICE ha terminato di realizzare la tela e la disfa…E continua cosi all infinito…
E’ noto…o almeno nei tempi antichi di cui l Odissea fa parte si credeva cosi, che giunti quasi al termine del ns viaggio terreno vediamo scorrere l intera TRAMA della ns esistenza. Ma la vediamo anche prima se abbiamo il coraggio di affrontare la ns parte OMBRA e allora diveniamo veri uomini o vere donne. Xche consapevoli. Il viaggio omerico non lo.fa solo l ULISSE ma anche LA ULiSSE anche la donna compie lo stesso percorso poiche la differenza di genere e’ solo biological ma non riguarda “l avventura della ns coscienza’. Ora Ulisse o La Ulisse si attarda qui e li…non vuole giungere a Itaca, trova scuse, xche’ non vuol vedere LA TRAMA. Confrontarsi con se stesso/a e’ difficile. E’ doloroso. Ha alle spalle il cavallo di troia la citta in fiamme…l esodo di tanti disperati che ci rammenta quelli dei tempi nostri. Ha alle spalle le tre navi date a colombo e la cacciata du ebrei sefarditi e mori dalla spagna del 500. Ha alle spalle l inquisizione. Ha alle spalle l eta vittoriana con la sua depressione sessuale che porto tanti danni alle psiche. Uomini.e donne capaci entrambe di compie errori…Tutti uomini e donne siamo CORRESPONSABILI del ns tempo della ns storia. Tutti ci attardiamo e non vogliamo giungere a Itaca. Ma a un certo punto lui o lei arriva e Telemaco/a, figlio/a in quanto barlume di coscienza appena sbocciata, interviene chiamandolo/la in suo.aiuto. Solo a quel punto Ulisse si batte coi proci, le sue paure che gli impediscono di guardare in faccia se stesso/a nel bene e nel male. Anche noi donne possiamo e dobbiamo batterci con le stesse paure, il ns passato, I ns errori o corresponsabilita. Solo dopo avere compiuto qs ultima fatica attraverso qs ultima prova sara salvo/salva. Non assolto/a. La ns corresponsabilita nei mali del pianeta (pensiamo solo a quelli ecologici o coloniali) non si cancella con un colpo di spugna. Ma salvo/salva in quanto prendendo coscienza di se’ puo iniziere ad agire in modo diverso. Invertire la rotta. Qs e’ il momento della CATARSI di cui l abbraccio con penelope e simbolo. Se Ulisse e’ LA ULISSE va bene ugualmente xche penelope non rappresenta in qs caso un genere (maschile o femminile) un corpo. Ma l intero ns universo mentale che non ha genere. L interezza della ns vita. La sconcertante e dolorosa TRAMA che in quel momento vediamo e dobbiamo abbracciare. Dopo.di che si narra che Ulisse riparte… si dirige oltre le colonne d ercole…. E L ULTIMO VIAGGIO. Dopo.aver accettato se stesso/se stessa la sua verita’ egli/ella e’ pronto/pronta x l ultimo viaggio SENZA RITORNO…