Un libro da tenere accanto al letto
che fa bene leggerlo prima di addormentarsi
ma anche da portare con sé per lunghi viaggi
che quando lo inizi non vuoi puoi più smettere.
“Un giorno verrà” è, per me, uno dei più belli che ho letto quest’anno.

Parla di terra – che la terra rimane
e di anarchia
delle camere buie in una casa che sembra sempre più abbandonata.
È una storia familiare, attorno a un nucleo che si sfalda pian piano
che perde i figli e la vista, e i letti nella camera di sopra rimangono sempre più vuoti.
Resistono due bambini, che crescono insieme
uno accanto all’altro, uno nel letto dell’altro:
Lupo e Nicola, che non potrebbero essere più diversi ma che si appartengono totalmente.
Lupo ha negli occhi profondità infinite, è svelto d’orecchio e di braccio
bambino demonio capace di alzarsi mentre tutti stanno seduti
che – si sparpagliava se provavi a riordinarlo.
Cresce e si fa uomo avendo sempre conficcato in pancia l’odio per i potenti.
Nicola ha la faccia da principe e la pelle delicata, lo chiamano bambino mollica
perché non sa fare niente, perché si scioglie al sole
è il fratello sciocco
che non avrebbe saputo rammendare calze o cuocere una zuppa, non era né uomo né donna, era estraneo, dove lo mettevi non era mai il posto suo.
E, in lontananza, una sorella: Nella
chiusa in convento di clausura, dietro a un muro spesso
che la separa dal mondo.

Fuori da loro
la terra arida, la mezzadria, la storia che passa tra guerre
la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento
la febbre e l’esercito
la religione.
Fuori da loro e dentro di loro
le lotte e la disobbedienza
la frustrazione della speranza che non sembra mai compiersi
(a chi interessa un sole che non spunta mai?).

È un libro che parla dei margini e di chi, dal confine più estremo
cerca di combattere, di cambiare le cose.
Si intrecciano le storie del monastero e della farina
e rimane, fortissima, la suora badessa che resiste ai colpi di una chiesa avida
che vuole esserci per un luogo che sembra non avere nient’altro
e che guarda in faccia il prete senza chinare la testa.
Sono storie parallele ma vicinissime quelle dentro e fuori il monastero
con la stessa rabbia e la stessa fede
Non è forse quello che fai anche tu? Credere in qualcosa che per altri è menzogna?

“Un giorno verrà” è un libro che sembra respirare
e che ha la potenza evocativa delle fiabe pur rimanendo attaccato
tenacemente
alla terra.
Il ritmo sembra spesso quello della poesia,
perfetto per le letture ad alta voce e per le lunghe notti.
Quando, dopo l’epilogo, ho letto le note della scrittrice Giulia Caminito
e ho scoperto che è andata nelle Marche alla ricerca di una storia familiare
non mi sono stupita
le sue parole sanno di ricordi lontani
di quelli che, anche se non vissuti personalmente, resistono
incisi sulla pelle
in qualche magico modo.

Ho amato le sue metafore di bosco, di acqua, di cielo, farina e natura tutta
e come ha descritto gli occhi di Lupo, la sua forza e la sua frustrazione
le stanze del monastero e la debolezza di Nicola.
Mi sono innamorata del ribelle ma, come scrive anche lei a fine libro
mi sono sempre sentita vicina a Nicola, l’uomo eternamente bambino
che fatica a far parte del reale.

Da sempre
inadatti e tenaci.

Credeva che stare ai bordi servisse, perché dai margini si spingeva verso il centro, si faceva pressione continua, si creavano smagliature, si usciva dal seminato, da lì, tirando e tirando, avrebbero strappato qualcosa prima o poi, prima o poi…

 

 

Il libro Un giorno verrà di Giulia Caminito è stato pubblicato da Bompiani nel 2019.
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